
Definisci bambino
18 Settembre, 2025
Illustrazione: Immagine tratta da Pinterest, non sono riuscita a trovare l’autore, se sai chi è segnalamelo per favore.
Bambino è colui che eri.
Forse non te lo ricordi, forse lo hai soppresso per sopravvivere.
Bambino è il cucciolo che sei stato.
Che ha raccolto dolori, memorie, ha giurato lealtà alle sofferenze degli adulti che lo crescevano per qualche briciola di amore.
Bambino è lo stadio evolutivo in cui eri solo sentire.
In cui sentivi, provavi, percepivi, raccoglievi.
Quando eri struggimento per i silenzi dei tuoi genitori, quando eri compassione per le loro ferite, quando eri così coraggioso da affrontare le insidie senza tutela, quando eri vivo e vispo.
Bambino, è colui che ha permesso l’evoluzione.
Se oggi siamo qui, è solo perché i bambini nei millenni hanno accettato condizioni inenarrabili e sono riusciti a sostenerle, a trovare la forza di rimanere attaccati alla voglia di vivere.
Se tu sei vivo, è solo perché il bambino che eri ha tenuto duro.
Bambino è il destino dell’umanità.
Quel che vive si moltiplicherà crescendo, quel che non gli viene detto diventerà destino, quello che subisce reitererà, quel che gli faranno credere di essere diventerà.
Per questo è così importante che esso venga protetto, ancorato alla vita, che assista a celebrazioni quotidiane della bellezza vitale che incarna.
Bambino è l’epoca della purezza.
Bambino è colui che ride per una nuvola a forma di piuma, colui che gioisce per una pioggia senza ombrello, colui che parla con le lucertole e con i fiori.
Ogni canale è aperto, ogni ponte è solido, ogni porta spalancata.
Bambino è cucciolo d’uomo.
Sogno di speranza, barlume divino, scintilla d’universo.
Stella pulsante, che saltella tra batterie scariche, tra resti di civiltà.
Conduttore di potenza vitale, lubrificante emotivo, sgorgante relazionale.
Il bambino è lui, son loro, eri tu.
Se non sai più chi sono i bambini, vuol dire che non sai più chi sei.
Se hai perso di vista l’infanzia, vuol dire che hai perso te stesso.
Se hai perso te stesso, hai perso la vita che incarni.
Sei una bambola di pezza, fattezze umane ma ripiena di ovatta.
Se non sei più in grado di sentire, se non provi più empatia, se non senti qualcosa spaccarsi dentro di te di fronte alla disperazione di un bambino che ha visto l’orrore, allora sei morto anche tu.
Ne dichiariamo il decesso.
Oggi celebriamo il funerale del bambino che eri e aggiungiamo anche il tuo nome alla lista dei tanti deceduti sotto le macerie.
Martire anche la tua infanzia.
Condanna delle infanzie altrui la crudeltà che resta, il coltello che lo ha trafitto, la lama che lo ha sgozzato, la corda che lo ha soffocato, le parole che lo hanno lapidato.
Non c’è cosa peggiore dell’aver smesso di sentire, unita alla presunzione di capire e al bisogno di vendetta per un crimine antico subito, personale, che neanche si ricorda più quale sia stato.
In ogni persona che muove guerra c’è dentro la propria guerra interiore.
E allora le pongo io adesso delle domande.
Il tuo odio, verso chi è realmente rivolto?
Quel bambino che deve essere schiacciato, al quale deve essere negato il diritto di essere tale, da dove origina?
Eri forse tu il bambino soppresso?
Che ne è stato della tua spensieratezza?
Dov’è evaporata la tua bellezza?
Quale violenza hai subito?
Che nome porta il dolore del quale sei schiavo?
Definisci la tua infanzia, per favore.
Provo compassione per la grave perdita che hai subito.
Forse la negazione del bambino che eri ti ha portato alla crudeltà, alla spietatezza, alla violenta indifferenza.
Ma da cosa ti stai realmente difendendo?
Quale popolo interiore devi annientare?
La vita è grande, abbiamo già sofferto da millenni per i millenni successivi e tutto quel che ne resta del nostro essere umani.
Basta cecità emotiva.
Basta silenzio.
Basta censure interiori.
Basta fedeltà al dolore.
Basta ottusità sentimentale.
Non ce lo possiamo più permettere.
Non ce lo meritiamo.
Non possiamo, mai più.
Nessun Dio sarà mai più crudele del dolore che proverai quando per un attimo, un secondo prima di morire, sentirai quel che hai smarrito, che hai perduto quando eri convinto di avere tutto.
L’unica cosa che dichiara la nostra sicurezza, la nostra prosperità e quella dei nostri eredi, è la capacità di rimanere connessi alla vita, di sentire.
Bambino, è colui che sente.
E per questo permette alla vita di avanzare.
PS: dedicato a tutti coloro che hanno smarrito la loro infanzia.
Dedicato a tutti coloro che sentono dolore e non sanno da dove partire.
Dalla propria storia bambina, da lì, proprio da lì, e solo da lì si parte.
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