Cosa fa un pedagogista?
25 Settembre, 2024
illustrazione: pinterest
Buongiorno,
mi chiamo Luca, ho 29 anni e sono un educatore con una laurea in Pedagogia. Negli anni universitari, sebbene la formazione sia stata abbastanza adeguata, mi rendo conto di non aver ben capito che tipo di servizi può offrire un pedagogista alla comunità, perchè se ne è sempre parlato ma in maniera poco chiara. Visto che non conosco persone che fanno questo lavoro, ho pensato di scriverle per chiedere a lei qualche chiarimento in merito.
La ringrazio in anticipo per la disponibilità.
Cordiali saluti,
Caro Luca,
non me ne vorrai se utilizzo un nome di fantasia e uno spazio pubblico per risponderti , ma la tua mail mi ha molto colpita e ho sentito il bisogno di ampliare la comunicazione per due motivi.
Il primo è perché ho sempre pochissimo tempo per scrivere e rispondere alle mail e unire le due esperienze mi agevola l’efficacia.
Il secondo è perché mi offri la possibilità di affrontare delle questioni che mi stanno molto a cuore.
Vorrei però costruire sin da subito un rapporto di lealtà con te, quindi prima di partire con la risposta, lascia che ti dica per un momento quello che ho pensato leggendo la mail.
Sono rimasta stupita dal tuo grado di responsabilità di informarti prima di intraprendere una qualsivoglia carriera, denota saggezza nei confronti dell’infanzia, un po’ come dire “prima di far casini fammi capire”.
Però mi sono anche chiesta come tu abbia potuto affrontare un percorso di studi senza sapere cosa stavi facendo e dove stavi andando.
Quindi ti chiedo, e puoi rispondermi anche via mail nella serenità che non pubblicherò la conversazione, perché lo hai fatto?
Ho una pagina bianca e poiché sono curiosa formulo qualche ipotesi.
Stavi prendendo tempo con lo studio?
Avevi paura del mondo del lavoro e quindi ti sei rifugiato in un nuovo percorso?
Qualcuno ti ha consigliato che sarebbe stata una buona idea, che magari ti avrebbe dato punteggio per le future graduatorie e hai seguito la strada indicata?
Il tuo amore si era iscritto e l’hai seguito?
Ma soprattutto, possibile che nessuno all’università si sia preso la briga di spiegarvi cosa stavate andando a fare?
O forse ogni docente era chiuso nella propria disciplina tralasciando l’insieme e il senso comune?
Magari nessuna di queste, perciò dimmi.
Da queste dovute premesse prendo lo slancio, partendo dal perché io ho fatto questo percorso e ho scelto di diventare pedagogista.
Mi prendo dello spazio per unire informazioni e storia personale perché non sono un dispenser di informazioni, ma mi sento un contenitore e contenuto bello denso e multicolore, con la voglia di condividere e trovarsi.
Ho scelto di diventare pedagogista per una scelta ben precisa, forse una delle più intense della mia vita.
Portata avanti con trasporto passionale per lo studio e devozione verso i bambini.
Dopo numerosi anni come maestra d’infanzia e primaria della scuola statale e privata, ed educatrice di nido, avevo chiaro che volevo stare dalla parte dei bambini e delle bambine e avevo capito che per farlo con profondità ed efficacia dovevo stare accanto agli adulti.
Perché i bambini hanno un solo problema, noi.
Quindi volevo lavorare accanto a genitori, educatori e insegnanti supportandoli nel loro ruolo.
Sono appassionata di pedagogia sperimentale, di didattica innovativa, amo far ricerca e scovare le pagine bianche nel mondo infantile.
Farmi megafono delle voci afone e pronunciare a voce alta, solennemente, i diritti dei bambini.
Il diritto alla responsabilità degli adulti.
Il diritto ad esser visti per quel che si è.
Il diritto ad una vita dignitosa.
E via via sciorinare tutti gli altri.
Per me la laurea non ha rappresentato un dubbio su cosa mi sarebbe capitato, ma una grandissima gioia, moltiplicata dal mio averlo fatto con il massimo impegno in tutti gli esami e una tesi scritta divorando i caratteri word su una palla da pilates, mentre cullavo il piccolo feto che prendeva spazio dentro di me.
Ricordo con entusiasmo il giorno della mia laurea, con i parenti e la mia adorata nonna che era sempre vitale e premurosa.
La cito in qualità di prima e grande pedagogista che io abbia mai incontrato, la persona in grado di mostrarmi attivamente come amare un bambino, nel pieno rispetto del suo mondo interiore.
Ma ricordo anche un’altra cosa.
Il percorso di laurea era volato, nessuno aveva valutato realmente cosa avrei fatto se fossi stata messa di fronte a dei bambini e ho sentito ingiustizia.
Ingiustizia verso l’impegno e la serietà che mi aspetto da chi affida un titolo così importante ad una ragazza così giovane.
Il giorno dopo avrei potuto aprire un centro pedagogico senza avere alcuna competenza accertata (conoscenze molte ma sappiamo bene entrambi quanto sia profondo l’abisso tra teoria e pratica).
E come me lo avrebbero potuto fare in molti, mi sono tremati i polsi pensando ad alcuni dei miei colleghi di studio, ai quali non avrei affidato neanche un uovo di struzzo.
Forse sono ingiusta e me ne assumo il rischio, ma davvero alcuni sembravano così impreparati alla vita che immaginarli in quel ruolo mi impressionava.
Il titolo è stato solo il riconoscimento e il permesso istituzionale a esercitare la professione da me così tanto sognata, poi è arrivata la vera formazione. Quella sul campo, quella che definisco da trincea.
L’università accredita, ma la responsabilità è un fatto personale.
Qui caro Luca dopo anni di questo lavoro voglio dichiarare una cosa: secondo me nessuno dovrebbe esercitare il mestiere di pedagogista senza aver lavorato almeno 5 anni come insegnante o educatore.
Esattamente come per fare il dirigente occorre esser stato prima insegnante.
Aver insegnato ti permette di avere competenze ed esperienze profonde riguardo i bambini, i loro vissuti, le loro fatiche, le strategie d’insegnamento, la relazione con i colleghi e con i genitori.
E aggiungo che nessuno dovrebbe fare il pedagogista senza aver fatto prima percorsi su di sé, perché quando si metteranno le mani nelle storie familiari dei bambini occorre sapere benissimo cosa si sta facendo e il miglior modo è esserci passato, aver messo le mani dentro la propria storia familiare e averle tirate fuori integre.
Proverò a dirti ora cosa secondo me un pedagogista è e cosa non è, poi ci saluteremo per tornare alle nostre vite.
Un pedagogista è un adulto.
Un pedagogista non è un bambino travestito da adulto.
Un pedagogista è uno che ha scelto di schierarsi dalla parte dei bambini, con grande coraggio e consapevolezza della sfida intrapresa.
Un pedagogista non è uno che cerca il consenso degli adulti che stanno con i bambini.
Un pedagogista è coerente, quello che dichiara lo applica anche lui nella sua vita.
Un pedagogista non usa i propri figli sui social per farsi pubblicità o come oggetto primario di dimostrazione educativa. Sono bimbi, non Bimby.
Un pedagogista è uno che accoglie i genitori, li affianca cercando di aprir loro gli occhi e con amore mostra loro il segreto dei messaggi che i loro figli mandano ogni giorno.
Un pedagogista non giudica i genitori che incontra.
Un pedagogista è un esperto dell’educazione e forma gli insegnanti dal punto di vista teorico e pratico, denunciando con coraggio le azioni sbagliate che vede.
Un pedagogista non ha paura di dire che c’è un bambino spaventato e un lupo a piede libero nella scuola.
Un pedagogista è uno che studia costantemente psicologia perché sa che la pedagogia senza la psicologia zoppica un po’.
Un pedagogista non è uno che raggiunta la laurea ha finito gli studi.
Un pedagogista è un visionario speranzoso, perché ogni giorno lavora con fatica e sudore continuando a vedere la meta da raggiungere che lui chiama futuro e gli altri utopia.
Un pedagogista non si rassegna di fronte lo stato delle cose.
Un pedagogista è un incallito ottimista.
Un pedagogista non crede che un bambino sia un problema.
Un pedagogista è certo che sia venuto per risolverlo e restituisce agli adulti i pesi che hanno lasciato su quelle spalle fragili e offre al bambino una camomilla con miele, per ammorbidire le fatiche dell’animo.
Io non lo so se tu hai capito meglio cosa fa un pedagogista ora, ma certe cose non occorre capirle talvolta, è sufficiente sentirle.
E se hai sentito il profondo incarico al quale il pedagogista è chiamato nel rispettare il bambino e insegnare al mondo a fare altrettanto, allora da domani fatti chiamare il Pedagogista Luca e vai, apri le teste e i cuori, rimboccati le maniche e tutela la vita.
Se invece non hai sentito nessuna vibrazione, non hai i peli rizzi e gli occhi umidi, allora Luca continua a cercare la porzione di mondo in grado di eccitare ogni tua cellula.
Io ti auguro di trovarla la tua via,
un po’ come spero che uno sconosciuto a cui ho appena dato le indicazioni per un hotel in una notte di pioggia, sia ora al caldo e al sicuro.
Grazie per questa tua mail e per il tuo investigare e non accontentarti.
Con affetto
emily
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