Faccio terapia ogni giorno

02 Febbraio, 2024

illustrazione: Irene Rinaldi

“Le idee sono mie o di chi me le fa venire?”
Me lo chiedo spesso, perchè molte delle intuizioni, illuminazioni e spunti li ho avuto ascoltando e osservando.
Li ho poi digeriti, fatti miei e risputati in qualcosa di nuovo ma senza quel cibo non sarebbe stato nulla.
Come il nostro corpo, che è tutto preso in prestito dalla materia che ci circonda, così i pensieri.
Così anche la guarigione.
Ogni giorno non saprei dire quanto sia io ad aiutare gli altri e quanto gli altri ad aiutare me.
Passo ore seduta su una sedia, anzi su più sedie che con il passare della giornata cambio per avere l’illusione del movimento.

Da quella sedia, chiusa in uno studio piccolo con una finestra bassa e lunga da cui vedo l’orizzonte orizzontale, raggiungo il mondo intero.
Quando ormai qua è notte faccio colazione con una mamma a San Francisco, oppure mentre aggiusto la borsa dell’acqua calda sopra le gambe parlo con un uomo che da Hong Kong si asciuga il sudore e beve acqua fredda per sostenere il bollore notturno.
Ascolto una coppia fiorentina e subito dopo una mamma sola a Berlino.

Si muove tutto dentro e fuori me, mentre il mio corpo rimane immobile.
Sono un monaco buddhista, fermo nella sua posizione a contemplare il cosmo immenso racchiuso in ogni cosa.

E ritornando alla prima domanda, l’aiuto ve lo dò io o siete voi a darlo a me?

Ho iniziato precocemente ad entrare nei miei abissi e trovare forza per cercare verità e liberazione da ferite ormai passate. Molto precocemente.
Il mio rituale notturno da bambina prevedeva chiudere gli occhi e immaginare che la me di quel momento desse la buonanotte a tutte le piccole Emily passate.
Emily neonata, Emily di un anno e così via.
Una alla volta, bacio, abbraccio e poi tutte in fila per mano a dormire.

Ma pur avendo iniziato presto e avendo svelato e curato molte parti, ogni giorno ognuno di voi, grazie al racconto della propria storia, riesce a illuminare porzioni in penombra della mia.

Non perdo una parola di quello che mi dite, scrivo tutto, ho migliaia di fogli, pile e pile di appunti con asterischi, sottolineature, disegni per ricordare quello che mi dite e più rinforzo la memoria e l’attenzione, più ingravido la mia consapevolezza.

La mia mente è una donna fertile, sempre pronta ad un rapporto.
Si fa mettere incinta e con accettazione, già conosciuta, sa che non tutti gli embrioni procederanno nella crescita, ma lenta e inesorabile prosegue la sua feconda ricerca.
Quando torno a casa ho sempre un cestino pieno di chiarezza, di buone cose, di commozione, di pace da innestare da qualche parte.

Passo le sere a riflettere su di me, a stendere sintesi, a ricordare i vostri visi e armonie esistenziali.
L’uomo levriero dalla vita afona.
La donna con le unghie laccate, che è bella come un fiore ma crede di essere brutta e cattiva.
Il ragazzo che ha appena scoperto che non sono le donne che trova ad essere dei mostri ma che la sua infanzia è stata mostruosa, non lo sapeva e per questo la ripeteva.
Le maestre che ci provano e quelle che si arroccano, dentro un piccolo schermo e nelle loro posizioni.
La coppia di madri che dichiara la paura più inconfessabile e la nonna che chiede aiuto perchè sono tanti 40 anni di verità taciute ai propri figli.

E poi la ragazza che cerca i suoi veri genitori e quella abusata dall’amico di famiglia.
I lapsus che dite sono quelli che adoro di più, “la mia testimone di morte (nozze)”.
Sogno ogni giorno di scrivere ognuna delle vostre storie, anche solo per bellezza narrativa, immagino i titoli, le trame, i personaggi che non sono da inventare ma solo da dettagliare.
Siamo belli con i nostri dolori, incertezze e fragilità.
Se solo ognuno sapesse quanto è cara la vita per ciascuno di noi, sarebbe subito pace e fratellanza.
Così temerari nel nostro essere ancora vivi senza assolutamente sapere come si faccia.

Delle creature esistenti la più arrogante, per compensare il terrore che abbiamo di dircelo: “Come si fa a vivere?”.
Dalla stanza piccola e raccolta ho conosciuto cose del mondo che forse viaggiando notte e giorno non avrei mai saputo.
Non mi interessano laghi e montagne, non ora.
Mi interessa capire come entrare in punta di piedi nella vita degli altri, aiutare a mettere un po’ in ordine e facendolo rendermi conto che anche l’altro l’ha fatto con me.
Siamo tutti mansarde disordinate e davvero esaltante è incontrarci e curiosare tra la polvere e gli scatoloni.
Io faccio terapia tutti i giorni, dalle 9:00 alle 17:00 o poco più.
I miei terapeuti siete tutti voi che mi scegliete per trovare la chiave.
Ne ho centinaia ora e tra quelle, ognuno mi ha donato un pezzetto per ricomporre la mia.
Vi ringrazio con profonda commozione, con sincera presenza.

Lo scrivo ora perchè non vorrei correre il rischio di rimandare quel che più conta.
Non sono le scadenze, le mail, i messaggi sospesi a interessarmi.
Ma ciò che a me è più caro, è sentirmi unita a voi, placida e vicina.
Le nostre solitudini ravvicinate, sfiorandosi possono sbocciare.

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