La disciplina dolce fa male

19 Luglio, 2024

illustrazione geniale di Kristian Jones



“Mio figlio ha crisi fuori controllo”.
“Vuole decidere qualsiasi cosa”.
“Le ho provate tutte. Con le buone, con le cattive, ma niente”.
“Ci comanda lui, noi siamo sotto scacco”.
Tre al giorno.
Questa è la media giornaliera che ho stimato di consulenze pedagogiche per sostenere genitori che portano questi temi.

Ho sempre detestato la retorica del bambino imperatore, dittatore o despota.
Mi è sempre sembrata una semplificazione con l’aggravante di scarico di responsabilità sul bambino, improvvisamente diventato carnefice dei suoi genitori.
Quindi non la userò in questo articolo.
Pertanto, se è questa che cercate, abbiate pazienza ma siete nel blog sbagliato.
Qua diciamo le cose scomode, ma vi assicuro che dopo che riusciamo a dircele, ad ascoltare davvero, diventano leggere leggere perchè ci cambiano la vita.

La cosa scomoda da affermare oggi è che la disciplina dolce miete vittime ogni giorno, fa male ed è controproducente nella maggior parte dei casi.
Io non ho ben capito come questo termine si sia imposto, chi lo abbia identificato come tale e seppur ho fatto delle ricerche, per timore di incappare in errori storici preferisco non lanciarmi in peripezie culturali ma cercare piuttosto di delinearne il confine.
Tendenzialmente oggi, con disciplina dolce si intende un sistema educativo basato sull’ascolto, sulla legittimazione delle emozioni, sul rispetto del bambino e del suo vissuto.
Fin qui tutto meraviglioso
e anche giusto.
Allora, se questi sono i principi, vi chiederete, come può essere nociva?
Il problema è chi la diffonde, chi la applica e soprattutto perchè la sceglie.

Spesso, la disciplina dolce viene divulgata da influencer, coach parentali, sedicenti esperti non meglio qualificati che tra 20-30 reel, articoli dove vi parlano dei loro figli e qualche post uguale ad altri duecentomila che trovate in rete, vi spiegano come svoltare la vostra vita genitoriale.
Attratti come falene dalla luce, i genitori quando leggono frasi tipo “come farti ascoltare da tuo figlio” sono pronti a darti qualsiasi cosa, alcuni anche il cervello.
Piccolo j’accuse, io capisco che chi è genitore da poco ha bisogno di capirne di più, di avere strumenti e scoprire come funziona un bambino, ma santa miseria, secondo voi un video di 30 secondi davvero può essere lo strumento giusto?
Davvero pensate che ad una persona che fino a ieri faceva tutt’altro lavoro gli basta farsi un corso di qualche ora per mettersi a fare il guru educativo?
Ma davvero crediamo alla teoria per la quale basta essere genitore per poter insegnare ai genitori?
Allora io che so fare un uovo fritto e due piatti che mi vengono bene domani apro un ristorante, insomma, alla fine so cucinare.
Il tizio che ha le mani calde domani apre un studio fisioterapico, tanto c’ha il dono.
E quell’altro che ha letto tante riviste di architettura, domani ti viene a fare il progetto di casa.
In questi giorni caldi per noi educatori e pedagogisti, in cui tanto si dibatte nei settori specialistici, per l’avvio del primo albo per le nostre figure, dobbiamo insieme riconoscere l’importanza della professionalità, soprattutto in materie sanitarie e sociali non si scherza ragazzi.
Servono professionalità, competenza, esperienza e studi alle spalle.
Ma questi da soli non bastano, perchè serve etica personale, che si declina in piccole cose come non vendere fumo negli occhi.
J’accuse finito.

Eravamo agli influencer della disciplina dolce, e aggiungo che ne parlo perchè ad ogni genitore a cui chiedo da dove hanno preso queste idee, mi vien detto da Questa e da Quello su Instagram.
E perché i genitori cercano queste teorie e strumenti?
Qui arriviamo all’utente medio.
Di solito si tratta di genitori che hanno ferite nella loro infanzia, generalmente non elaborate, altrimenti non finirebbero in questi lidi.
Le ferite che hanno sono legate alla mancanza di ascolto, di riconoscimento, di accettazione da parte dei genitori di quel che erano.
Hanno la forte convinzione che non vorranno essere come loro e per questo cercano strumenti.
Senza troppi timori si fermano a quello che per il loro inconscio sembra perfetto: quello che avrebbero voluto per se stessi.
Così quando sentono parole come: libertà, amore incondizionato o calma, inizia il gioco psicologico che confonde le acque.

Quando guardano i loro figli, iniziano a vedere loro stessi da piccoli, vedono le loro infanzie imploranti, vedono le mancanze avute, sentono il dolore, accusano il colpo dei pianti dei loro figli, semplicemente non lo sostengono e iniziano a dare senza limiti, delle dighe squarciate.
Danno molto più di quello di cui i loro figli necessitano, molto più in là di quello che ad un bambino farebbe bene.
Danno a loro stessi, mentre pensano di dare ai figli.

Così si iniziano a confondere alcuni passaggi.
L’ascolto viene confuso con la delega decisionale al bambino.
Il confronto diventa negoziazione.
Il prendere una decisione come adulto viene visto come un abuso sul bambino.
La libertà è percepita non più come il fine ma come lo strumento principale.
La vicinanza confusa con la totale abnegazione di se stessi.
La dipendenza generata nel bambino da un eccesso di attenzioni viene chiamata bambino ad alto contatto.
Le manifestazioni caotiche e sofferenti dei figli identificati come atti di espressione creativa.
A tal proposito mi viene in mente una mamma che raccontava orgogliosa come il figlio fosse un grande artista, visto che dipingeva con lo sputo nelle pareti di casa.
O un’altra che raccontava che il figlio era così saggio da aver deciso di cambiare nome e aveva imposto ai genitori di chiamarlo con quello che lui aveva scelto per lui. Aveva 5 anni.

Tutto questo porta a crescere bambini che non riescono a stare soli, vogliono sempre il genitore accanto o qualsiasi adulto presente in sala e se quello sguardo viene meno hanno crisi o cercano in tutti i modi di riportare le orbite su di loro.
Bambini che costruiscono una percezione di sé nel mondo con loro che semplicemente vengono sempre visti, non dittatori quindi, ma bambini messi su un palcoscenico dal quale non possono mai scendere e attorno a questo costruiscono la propria identità.
Bambini senza limiti perché i genitori non sanno come accompagnarli nella frustrazione che percepiscono invece come sofferenza, quella provata da loro nell’infanzia.
Bambini incapaci di sostenere un no perché non lo hanno mai sentito.
Bambini che si sentono grandi e come tali pretendono diritti che come bambini non possono avere.
Bambini che faticano a stare con altri bambini, perchè si sentono 35enni.

La prima regola dell’infanzia, in grado di fornire al bambino un nido sicuro, una base stabile, è la presenza di una gerarchia tutelante.
I grandi fanno i grandi, i bambini fanno i bambini.
I grandi con le loro decisioni, che devono essere competenti e sagge, proteggono i bambini facendoli sentire tutelati.
I bambini che possono invece scegliere qualsiasi cosa sentono che quegli adulti non sanno cosa stanno facendo e accanto al potere iniziano a costruire enormi fragilità, infatti poi questi genitori in difficoltà iniziano a parlare di scarsa autostima che notano o di grande sensibilità (ne parleremo di questa prossimamente).
I bambini hanno diritto alla frustrazione, ad arrabbiarsi e dissentire, trovando però di fronte un adulto che non consideri quella manifestazione come pericolosa o nociva, ma che sia in grado di ascoltarli pur mantenendo il punto su quello che ha stabilito e reputa importante.
Non state facendo un regalo ai vostri bambini mettendoli su un trono e chiedendo loro di dirvi cosa fare, li state spaventando, rendendo fragilissimi e diminuendo i loro strumenti emotivi.
Tutto il contrario di quello che vi eravate prefissati insomma.
I bambini non possono scegliere cosa mangiare, a che ora andare a dormire, cosa fare in ogni istante e cosa comprare al supermercato.
I bambini non possono scegliere se mamma e papà possono parlare adesso, se possono rispondere al telefono, se possono mangiare o se possono prendere il fratellino in braccio.
I bambini non possono sentire dai loro genitori sempre domande, dovrebbero potersi godere delle affermazioni in grado di toglier loro la responsabilità di dover trainare questi adulti confusi.
I bambini necessitano di guide stabili, solide e ferme.
Queste sono il risultato di una lavoro serio e profondo sulla propria infanzia, non il risultato di compensazioni improvvisate (prendi tu quello che vorrei io) e qualche consiglio spizzicato qua e là sui social.
Sia chiaro, sono a favore di un rinnovamento in ambito educativo, ma deve essere ragionato, approfondito, analizzato e capito nei dettagli.

Il problema della disciplina dolce, quindi non sono i principi ma la loro applicazione.
Principi che da sani sostegni diventano palafitte traballanti.
Infatti, solitamente, i genitori che sono ricorsi alla disciplina dolce agonistica nei primi anni dei loro figli, oltre a trovarsi dei figli difficilmente gestibili, si accorgono di non sopportarli più.
Li iniziano a detestare, li combattono, gli urlano, li minacciano, li scuotono emotivamente, a dimostrazione che quello che stavano facendo era insostenibile.
I bambini si trovano così in uno stato di grande confusione e timore.
Prima i genitori gli danno tutto e poi tra nervosismi, urla, tristezza, delusione, fragilità estrema se lo riprendono a intermittenza generando in loro senso di colpa e paura.
I bambini iniziano a entrare in un’ambivalenza relazionale dove non sanno più come collocarsi rispetto ai genitori, al mondo e a se stessi.
Sono grande o sono piccolo?
Vado bene o sono sbagliato?
I miei genitori mi amano o sono un peso per loro?
Posso scegliere o meno?

Quindi i bambini non diventano imperatori, non nascono prevaricatori, non mutano in sultani, ma sono solo il risultato di tanta confusione e mancata conoscenza.
Se qualcuno si è sentito giudicato vi prego di dare un calcio al sentimento di inadeguatezza perchè non è proprio quello che voglio solleticare e probabilmente è più legato alla vostra storia infantile che a questa lettura.
Qua c’è da fare un serio cambio di marcia e iniziare tutti insieme a muoverci verso l’elaborazione delle nostre storie infantili.
Prima di aver fatto qualche errore, siamo stati bambini che avevano bisogno di sentirsi legittimati nei loro vissuti. Se questo è mancato non dannatevi la vita per quello che avete potuto fare ai vostri figli, ma partite dal sentire il dolore che si cela nella vostra infanzia.
Ripartire dal nostro vero sentire, quello sepolto ma che ogni giorno sbatte e fa casino, ci può permettere di uscire dalla rabbia verso i nostri genitori, per riuscire finalmente a stare dentro noi stessi e da quella posizione riuscire a vedere i bambini che abbiamo di fronte.
Sempre dalla propria infanzia bisogna partire e sempre qui bisogna tornare quando ci perdiamo.
La nostra infanzia, unica e sola chiave di benessere, di pedagogia sana, del futuro che ci meritiamo tutti quanti.


Se vuoi approfondire il tema, se pensi di essere uno dei genitori descritti che ora si trova in difficoltà, se senti di volerne capire di più o se ti stai informando per crescere il bambino che state attendendo, giovedì 25 luglio alle ore 14:00 farò una diretta per parlarne.
La diretta è gratuita e potrai accedere direttamente da qui o dalla homepage di questo sito.

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