
La violenza anagrafica è la madre di tutte le violenze
02 Giugno, 2023
02 Giugno, 2023
Un giorno come quello di oggi vien voglia di dimenticarlo, di strapparlo dall’archivio delle cose che ora sappiamo.
Non sapere che la viltà uccide.
Non sapere che un bambino cullato nel corpo di sua madre può essere travolto dalla furia di suo padre, che si porta via molto più di quanto la vita consenta.
Non sapere che menzogna e amore creano spesso mostri.
E invece dobbiamo sapere.
Dobbiamo parlarne di quel che è accaduto per evitare che accada ancora e ancora.
Mi dispiace infinitamente per Giulia e suo figlio, per le loro esistenze, per quello che hanno dovuto vivere, per l’ingranaggio arrugginito che li ha stritolati.
D’ora in avanti non bastano i post contro la violenza di genere, non sono sufficienti i numeri verdi da chiamare per chiedere aiuto, non basta che si levino voci importanti incitando donne e uomini a non accettare un amore che strappa libertà, lacera dignità e distrugge vite.
O meglio, serve questo ma anche tanta prevenzione.
Il problema non sta solo nella parola genere, ma soprattutto nella parola violenza.
E quest’ultima, si insedia durante l’infanzia.
Qualcuno di voi potrebbe pensare che come pedagogista io cada nella trappola di leggere tutto attraverso la lente dell’infanzia, ma la tentazione viene legittimata dal funzionamento dei processi psicologici che costruiscono le nostre personalità, i nostri copioni di vita e le traiettorie di vita future, soprattutto quelle che non abbiamo rielaborato.
Mentre tutti ci indignamo, giustamente, per quel che è accaduto e accade troppo spesso, con tono eccessivamente ironico, una trasmissione radiofonica invitava questa mattina i suoi ascoltatori a raccontare le frasi terribili dei propri genitori ed era un susseguirsi di frasi di minaccia e violenza verso i bambini, il tutto tra risate e battute.
Nelle stesse giornate in cui vengono diramati comunicati drammatici, una scrittrice che da molto si batte contro la violenza di genere, dichiara di odiare i bambini aggiungendo che rompono i coglioni.
Ora immaginate se qualcuno avesse rilasciato un’intervista dicendo che odia le donne perchè rompono i coglioni.
Sarebbero volate denunce di incitamento all’odio secondo me, ma siccome si parla di bambini che rompono le palle probabilmente lo pensano in molti visto che nessuno ha fiatato.
Parallelamente agli hashtag creati sui social (#losapevamotutte), sugli stessi girano frasi e meme che accettano e ridono attorno alla violenza sui bambini.
La violenza anagrafica è pervasiva.
È quotidiana e accettata, è la madre della gran parte delle violenze che questi bambini un giorno eserciteranno su qualcun altro.
Ha anche un suo nome: pedagogia nera.
Anche per questo dobbiamo indignarci e cambiare le cose.
Una società di pace dove la violenza viene sradicata, sarà la conseguenza naturale di una pedagogia bianca, rispettosa dei bambini e dei loro millimetrici processi interiori che li porteranno ad essere adulti, si spera in armonia e benessere, con loro stessi e tutti gli altri che li circondano.
Violenza chiama violenza.
Vita chiama vita.
Mi piace
Commenta
Condividi
Iscriviti alla nostra newsletter