MAI: Movimento Antiadultista Internazionale

05 Novembre, 2023

Illustrazione: 豌豆先生Mr.Pea

Ultimamente ho letto distrattamente un’intervista rilasciata da Emma Marrone che parlando della sua visione della maternità diceva “Viviamo nel Medioevo: il diritto di avere un figlio visto come egoismo e non atto d’amore“.
Qualche giorno dopo, senza che lì per lì gli avessi dato troppo peso, mentre stavo rintracciando lo zen interiore per trovare un parcheggio ad Ancona, l’affermazione è tornata a farmi visita.
Diritto di avere un figlio, diritto di avere un figlio. DIRITTO-DI AVERE-UN FIGLIO.
C’era una sorta di interferenza in questa frase,
in queste parole accostate.

Tutto mi viene in mente quando penso ad un bambino fuorché al diritto di un genitore.
Ho rintracciato pertanto tutte le parole che mi venivano in mente accanto ad “avere un figlio”, ed erano:
responsabilità, grande onore, privilegio di poter evolvere, enormi doveri, sacrificio, fatica, studio costante, lavoro personale per limitare i danni, rinunce, trasformazione, impegno, serietà, cambiamento e altre simili.
Diritto, proprio non riesco ad inserirla da nessuno parte se non dalla parte dei bambini.
I diritti li hanno loro, i grandi hanno doveri.
I bambini hanno il diritto di nascere, gli adulti il dovere di accudirli e offrir loro le migliori risorse per poter crescere in maniera sana, armonica e in equilibrio psico-fisico.

Forse ha ragione Emma quando parla di Medioevo, sono d’accordo con lei, ma solo se ribaltiamo la prospettiva.
Siamo ancora fermi ad un’era arcaica quando pensiamo che i bambini siano un diritto degli adulti.
Siamo ancora ancorati a vecchie convinzioni quando crediamo che per far nascere un bambino basti pensare di esserne in diritto.
Siamo ancora bloccati in qualche recondito luogo della cultura quando invece di indignarci per il diritto non ancora ascoltato dei bambini riversiamo il nostro disappunto verso il suo contrario.

Questo dimostra la dominanza di un pensiero adultocentrico, dove gli adulti sono al centro dell’universo, con i loro bisogni e necessità ai quali piegano i bambini.
Invoco un movimento antiadultista un po’ come gli antispecisti che lottano per sottrarre il potere che la specie umana si arroga nei confronti delle altre.
Lo chiamerei MAI: movimento antiadultista internazionale.
Io vorrei lottare per rimettere i bambini al centro delle nostre azioni, scelte, bisogni e presunte necessità.

ll modello di adulti imperanti permea la nostra cultura, dal linguaggio ai servizi.
“Terribili due” per definire una fase meravigliosa che riguarda l’evoluzione infantile, chiamata così perché incontra la difficoltà di comprensione degli adulti.
“Capricci” per definire bisogni non compresi dei bambini o il risultato di pessime scelte educative compiute in precedenza dagli adulti.
“Figlio modello” per parlare di un bambino bravo, zitto e prestante, in pratica il perfetto prodotto di una pedagogia della competizione e dell’abnegazione della propria identità.
Asili aperti fino alle 18, con bambini piccolissimi che nel momento evolutivo in cui dovrebbero costruire un attaccamento sicuro con i genitori, si trovano la quasi totalità della giornata con educatori.
Locali che offrono servizio babysitting mentre i genitori fanno aperitivi e nuovamente, dopo una settimana lavorativa, hanno l’urgenza di lasciarli nuovamente.
Tablet, schermi e telefoni ormai dati come ciuccio senza che nessuno se ne vergogni neanche più perché i bambini diciamocelo sono faticosi.
Michela Murgia che rilascia un’intervista dove dice che “i bambini rompono i coglioni” e tutti zitti, figuratevi se Berlusconi avesse detto che “le donne rompono i coglioni” che gran casino.

Siamo avvezzi a pensare che noi adulti vittime dell’infanzia che pretende, sporca, urla abbiamo dei diritti e bisogno di sentirci un po’ meno in errore (legittimandolo in maniera grottesca talvolta).
Abbiamo creato una segregazione anagrafica e ci ridiamo sopra.
Abbiamo generato una discriminazione generazionale e sono certa che qualcuno leggendo potrà pensare “Eh na madonna quanto sei esagerata”
.
Lo so che molti lo faranno, perché è il modo con cui teniamo a bada il dolore provato da bambini e lo reiteriamo perché la rimozione del dolore, porta ad una idealizzazione del carnefice e una reiterazione del dolore verso qualcun altro.

Stare dalla parte dei bambini è la strada più dolorosa e impervia per stare in questo mondo, perché per farlo bisogna dirci delle cose scomode.
Tipo che prima di iniziare percorsi di fecondazione assistita bisognerebbe fare dei percorsi psicologici e la stessa cosa la farei fare anche a chi gli basta un rapporto e via.
Non arriverei mai a dire che questo dovrebbe essere obbligatorio, perché credo molto di più nella coscienza personale, nell’etica dell’individuo che può essere tale solo se iniziamo a diffondere una cultura pedagogica.
O i diritti li abbiamo tutti o non li ha nessuno.
Un mondo dove i diritti li hanno solo alcuni si chiama dittatura, quella in cui vivono i bambini ogni giorno.

Se vi sembrano troppo dure queste parole è perché non avete ancora compreso il dolore infantile, che ogni giorno sotto gli occhi di tutti si manifesta.
Ogni giorno dentro molte case, molti bambini vengono picchiati, umiliati, resi trofei, usati come mazze per litigi tra genitori separati, dimenticati davanti ad uno schermo o lasciati dai nonni perché i genitori poverini hanno troppo da fare.
L’altro giorno un uomo un po’ avvinazzato diceva in un bar “ma che li fate a fare i figli se non volete starci insieme?”.
Aveva ragione e anche se gliela dò ci tengo a dire che io continuerò a stare dalla parte di chi crede che debbano nascere, sempre di più, perché la vita merita di proseguire, perché meritano di esserci, ma al contempo noi dovremmo iniziare ad impegnarci seriamente, tutti insieme.
Non c’è futuro senza bambini.
Non c’è diritto senza dovere.
Non c’è scelta senza responsabilità.
Non c’è difficoltà senza aiuto.
Ci sono, accanto a tutti coloro che come me hanno voglia di dire “è una gran faticaccia, ma la più bella che ci sia e forse una delle poche per cui ne valga davvero la pena”.

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