diario estemporaneo di un viaggio solitario. 2° parte

26 Agosto, 2021

Alle 7 io c’ero.

Sul terrazzo ovvio, a beccarmi un sole sfacciato dietro la cupola di Santa Croce, a lenire i miei sensi di colpa per la chiamata notturna rendendola proficua e godendomi una colazione panoramica.

La colazione, io sono solita non farla mai, tendo a mangiare a pranzo come primo pasto ma vi prego non fatevi domande sulle abitudini del mio corpo e il suo funzionamento che anche io ancora osservandolo mi dico “ma che cacchio, ma come si fa ad avere tutta ‘sta roba strana!”.

Però adesso sono in albergo e la colazione in albergo si fa perchè anche se non posso mangiare glutine a me tutto quel cibo assieme piace, mi verrebbe da dire grazie a tutti i camerieri, “grazie siete stati gentilissimi, ma non davvero non dovevate, tutto questo cibo per me? Ma siete davvero premurosi, che cari ragazzi!“.

Poi nella realtà potevo mangiarmi solo lo yogurt tra quello che vedevo.
I formaggi mi fanno male, la carne la evito, il glutine mi uccide.
Fine delle possibilità alimentari sul banco.

Mi prendo il mio thè e dopo aver annunciato le mie particolarità alimentari, mi portano un cestino di cibo solo per me e lì parte l’infanzia assoluta: mo’ me magno tutto!!
La mia fame è un po’ come l’ovulazione delle gatte che si attiva durante il rapporto.
Lei, la mia fame, si attiva quando vedo il cibo.
Fino a 10 minuti prima me ne stavo tranquilla nella mia pace dei sensi ma adesso avevo una missione, un po’ come i bambini piccoli che fanno i travasi.
Li avete mai visti che non si fermano a versare l’acqua quando il bicchiere è pieno, ma quando la brocca è vuota?
Ecco, io non mi fermo quando la pancia è piena ma quando il piatto è vuoto.
Infatti a casa mangio in ciotole carine e graziose che hanno come principale pregio la capienza limitata, insomma, se mi invitate a cena per favore datemi da mangiare nei piatti dei dolci o nel servizio della casa delle bambole.

Mangiavo, mi facevo in vena il mio mezzo litro di the mattutino e giocavo alla donna emancipata organizzata.
Volevo prendere i consigli di visite a luoghi fiorentini che mi avevate donato e organizzarli per capire che tragitti fare.
Mi piaceva di più l’estetica del processo che la sua funzionalità e così ho impiegato un tempo folle ma ora che lo scrivo credo fosse per darmi più tempo per mangiare.
Se volete sapere come ho fatto, eccovi soddisfatti:
parte 1: CARTACEA. Ho preso il mio quaderno, la penna stilografica e ho ricopiato i nomi di tutti i luoghi in un elenco numerato;
parte 2: CARTACEA/DIGITALE. Ho guardato ogni luogo su gmaps scrivendo accanto al relativo nome distanza da dove ero, chilometrica e temporale, orari di aperture e note aggiuntive;
parte 3: DIGITALE. A quel punto ho ipotizzato che ci fosse una funzione per personalizzare la mappa salvando i luoghi. La cerco. La trovo. Mi sento un po’ idiota per non averlo fatto prima ma mi consolo con un muffin al cioccolato. Segno tutti luoghi questa volta salvandoli. Ripercorrendo di fatto il processo di ricerca uno ad uno come all’inizio;
parte 4: CARTACEA/BLASFEMA: guardando la mappa provo a costruire itinerari dividendo la mia giornata in blocchi temporali, un po’ spazientita da me stessa, un po’ divertita, un po’ tronfia di cibo. 7:15-7:20__MUFFIN; 7:20-7:25___CROSTATA; 7:25-7:30___RISO AL CURRY; 7:30-9:00___UFFIZI; 9:00-12:00___BLOCCO DIGESTIVO.

Nonostante il tempo che io abbia provato a impiegare, il cibo a me dedicato non l’avevo finito e lì, in quel punto esatto è nato un dibattito morale tra me e la mia coscienza.
“Porto via tutto o lascio qui?”
“Ma Emily, questa roba è per te e se non la mangi la buttano, magari puoi farci uno spuntino più tardi”
“Ma non so se si può e se mi fermano come fuori dai supermercati chiedendomi di aprire la borsa, come glielo spiego che il tortino lo volevo mangiare in vasca? Nessuno mi ha mai detto se si può, magari glielo chiedo”
“Ma sei scema? Certo che si può! Ma non ti ricordi che da piccola in gita vi facevate i panini e vi portavate via mezzo buffet? Ma secondo te gli insegnanti ve lo lasciavano fare se non si poteva?”
“Ma quelli mica si accorgevano, lo facevamo di nascosto”
“Ascoltami bene, dopo che questo albergo costa quanto una seduta da un’osteopata mentre qualcuno ti fa un trattamento di riflessologia plantare, ti servono tisane che vengono da Atlantide e dei lamantini ti massaggiano il collo, tu ti fai scrupoli per un po’ di cibo che ad occhio e croce neanche sembra di grande qualità. Ma infatti, che te lo prendi a fare se non è così eccelso?”
“Scherzi, ma è gratuito! E poi ne ho diritto, oppure rinuncio e mi fare fare il massaggio dal lamantino!”
“Senti, fai come ti pare, come sempre d’altronde…”
“Non non mi abbandonare coscienza, ti prego decidi tu per me”
“Ok, non prenderli anche se potresti. Non ne hai bisogno e ti fanno male”
“Va bene, grazie”
Mi alzo, li metto in borsa e me ne vado salutando e sperando che nessuno senta il fruscio della confezione.

È andata più o meno così, così adesso conoscete pure la relazione complicata che ho con la mia coscienza, ma chiedo a voi che ne pensate.
Secondo il codice deontologico del cliente d’albergo, si può prendere un dolce o qualcosa da mangiare in camera più tardi o rischi che se ti scoprono non hai più diritto alle boccette di shampoo e devi camminare in ginocchio nei corridoi mentre gli altri ti lanciano le cuffie usa e getta (che tanto non le usa nessuno)?
Aiutatemi se potete, perchè tra un paio di ore è di nuovo ora di colazione e devo essere pronta.

Alle 8 sono fuori dall’albergo e vado verso la Basilica di Santa Croce, quella baciata dal sole stamattina, forse mi chiamava o forse mi diceva “se ti avvicini ti brucio!”.
Forse, ma non lo avevo capito.

Mi dirigo facendo una videochiamata ad Amedo che intanto si era svegliato di ottimo umore, piangendo e dicendomi “non ho mai avuto una macchina telecomandata!”, io lo consolavo dicendogli che avrei attivato tutte le forze speciali per trovarla, che poi ero davanti la chiesa, guarda vado ad accendere un cero al consumismo e uno al risparmio energetico, poi vedrai che te ne trovo una a energia solare e se non la trovo la faccio fare da degli ingegneri, ma guarda magari ti regalo la nostra che tanto ho scoperto che anche con il piede che mi fa male posso camminare per ore e poi se non riesco c’è il cavallo, guarda che bello questo di cavallo, ha pure la carrozza, no bellino non ho i biscotti, molla la mia mano, dai bel cavallo mi serve per scartare la confezione del tortino…
Si Amedeo, sono in linea, adesso ti faccio vedere una chiesa bellissima

Ma vedere non si può, perchè sono solo le 8:30, lei apre alle 10:30 e già ci saranno 50 persone in fila.
Allora la circumnavigo per guardarmela quantomeno da fuori mentre con Amedeo continuano le conversazioni sulle macchine e la prostrazione materna.
Fermi tutti, c’è una porta laterale aperta. Due guardie all’ingresso, ma se ho superato la sicurezza della sala colazione figuriamoci se mi spaventa questa!

C’è un cartello con scritto MESSA IN CORSO, DIVIETO DI ACCESSO.

Salve, posso entrare”
“No, c’è la messa”
“Ah capisco. Senta posso andare a Messa?”
“Sì”
“Se ho capito posso entrare per pregare e non per guardare la Chiesa, giusto?”
“Esatto”
“Ottimo, allora vorrei proprio andare a Messa e non guardare la chiesa”
“Prego si accomodi”

Mentre entro penso che la vita è una figata e noi esseri umani davvero divertenti, devo averlo pensato troppo forte e ho iniziato ad attirare l’attenzione di troppe forze spirituali.
Sono ancora in videochiamata con Amedeo, in silenzio, gli mostro gli affreschi incredibili e lentamente mi avvicino verso il luogo della Messa.
Questo posto l’ho sognato posso giurarci.
È stupendo, mozzafiato, ma non posso mostrare troppo stupore e entusiasmo, se vedono che contemplo la bellezza e non vado a pregare mi fanno uscire.
I campanelli indiani che ho alla caviglia sinistra annunciano il mio arrivo ad uno sparuto gruppo di fedeli si girano tutti a guardarmi.
Loro sanno, sono troppo baldanzosa, non entro con la solennità del rito, ma la gioia ostentata di chi l’ha fatta franca due volte nel giro di un’ora.
Arrivo nell’esatto momento del segno della pace e dell’eucarestia.
Non vado a messa da 15 anni e non ricordo bene come ci si sta, guardo gli altri e prendo appunti nel mio quaderno.
Scopro che il segno della pace in tempi di covid a Firenze viene gestito con sguardi che ci si scambia con i vicini con un cenno del capo che ricorda il movimento che fanno in Sicilia, una sorta di piccolo schiocco verso l’alto.
La cosa mi fa molto sorridere e mi sento anche un po’ ridicola.
Ma cavoli, sono dentro questa meraviglia semivuota e me la voglio godere tutta.
Le forze spirituali continuano a guardarsi e forse seguendo la Sicilia evocata si dicono “Che ci facciamo a questa picciotta?”, si guardano e ridono ma io ancora non lo so.
Eucarestia, non la faccio da anni, penso che mi piacerebbe farla, passo in rassegna mentale i peccati degli ultimi 15 anni per ripulirmi un attimo, li considero tutti assolti e sono pronta nella mia purezza a ricevere il corpo di Cristo.
Lo prendo, sussurro un Amen, lo metto in bocca e seguo quello che vedo fare agli altri.
Sono tutti chinati, suppongo in raccoglimento, li emulo ma io penso solo “ma quant’è bona l’ostia!!”
Bona, mhhh, bonissima.
Non la mangio da un’eternità, senti come si scioglie sul palato, senti che sapore.
E lì gli spiriti hanno riso troppo forte e mi è venuto il dubbio.
Google: ingredienti ostia

Cacchio!!! Nell’ostia c’è il glutine!!
Mentre gli altri continuavano a ricevere il corpo di Cristo io dovevo assolutamente sputarlo e così sono corsa via, ho tolto la mascherina, ho sputato il bolo molliccio nella mano e correndo, tra i campanelli indiani tintinnanti che non collaboravano al profilo basso che cercavo di tenere, tra gli sguardi di disapprovazione dei fedeli che mi avranno considerata l’anticristo, una da esorcismo se l’ostia le dà una simile reazione, mi sono lanciata fuori sputando e facendo gargarismi davanti alle guardie, le creature divine, secoli di storie e turisti vaganti.
Chi la fa l’aspetti in pratica.
Non si scherza con le divinità, non si fa la furba con Dio direbbe la coscienza.
È stato divertente, rifacciamolo dice la bambina che ero, come dopo aver urlato come una pazza sulle montagne russe, dice ANCORA!!

Sono le 8:30 ho già rischiato l’arresto per il tortino trafugato, la scomunica e l’intossicazione alimentare.

Convengo che sia il caso di abbassare il profilo per qualche ora.
Giardino di Boboli, passeggiata, libreria Dilà di Todo Modo che potremmo riassumere in:

giardino di boboli: ma che cacchio sono venuta a fare se mi fa male un piede?!?
libreria: seppellitemi qua vi prego se le maledizioni divine che mi sono attirata oggi dovessero concretizzarsi.

Torno in albergo a lavorare, perchè avevo delle consulenze in programma e le faccio da qua, tanto in albergo ho internet, una postazione comoda, cosa potrà andare mai storto?
Prima consulenza tutto bene, la seconda una meraviglia.
Vasca da bagno con 20 cm di schiuma e tortino (finalmente) incluso e per l’ultima consulenza sono tonica e grintosa, fresca come una rosa e pulita come un bagno della stazione di Faenza (solo chi ha letto la 1° parte può capire).
Siamo al 45° minuto dell’incontro, sto dispensando dei consigli per la gestione di due bambini, siamo concentrati, siamo coinvolti e immersi nell’incontro.
Scusate, sentite anche voi dei rumori?
Ma… scusate ma questo è un orgasmo, sì, lo è senza dubbio
Oh Cristo, ma questi stanno urlando, come delle bestie tra l’altro, ma è un rapporto sessuale o un assedio?
Oh mamma, mi dispiace ragazzi, ma sono in un albergo, scusate davvero non avrei mai immaginato
.

Sono loro, la coppia di stanotte.
Non provo imbarazzo ma un po’ di divertito dispiacere sì, per loro che dall’altra parte del pc cercano di ascoltare i miei consigli mentre i due non si risparmiano nulla.
Continuiamo la consulenza con le loro voci che si infilano dentro la chiamata, e di nuovo penso “dai che ti ho visto per il corridoio, non solo non sei un eroe ma è chiaro che non sei più il giaguaro de ‘na volta, taglia corto che qua c’è un bambino che lancia i giochi e una che fatica a gestire la frustrazione e che te lo dico a fa, ma il vero orgasmo è quello di quando riesci ad andare a letto la sera pensando “Siiii, la giornata è filata tutta liscia. Oh sì, che semplicità con i bambini. Oh Cristo come sono rilassata. Ahhh….!”

8817. Parlo con il concierge? Si, sono quella che voleva andare in terrazza alle 3. Senta sì, no, non la chiamo per la terrazza, purtroppo si è creata una situazione sconveniente e avrei bisogno di una mano per gestirla.

“Non si preoccupi signora, in 5 minuti siamo da lei.”

E così fu, che alle 16:30 ero in una nuova camera, scelta tra diverse a disposizione, tutte visitate, tutte considerate in tempi record, con una risolutezza forzata che fortunatamente non mi ha delusa.

Ora sono le 6, sono salita in terrazza, alla quale ho scoperto che in realtà si può accedere in qualsiasi orario della giornata, il sole sta sorgendo incorniciato da due cupole, la città dorme e mi sono mangiata un pezzo di piadina al grano saraceno avanzata da ieri.

Questa è la parte in cui divento precipitosa perchè ho sonno.

Per concludere la serata di ieri si è conclusa con una chiamata ai carabinieri, perchè dal cortile interno del ristorante dove ho mangiato sentivo delle urla paterne feroci e un pianto dichiaratamente spaventato di un bambino, che durava da molto, troppo tempo e posso andare ovunque ma non riesco a liberarmi da questa difesa che ho nei confronti dei bambini.
Non riesco ad accettare che un bambino viva un’esperienza così terrificante e spaventosa mentre noi ce ne stiamo a mangiare, mentre le cameriere mi dicono che da questa mattina andava avanti la situazione e nessuno ha fatto nulla.

Sono andata a letto con un po’ di tristezza, perchè ho sentito il vuoto degli adulti in tema di protezione infantile, il fuggi fuggi generale, il tono spaventato dei proprietari del locale quando ho nominato carabinieri, il loro tentativo di dire che semmai li avrebbero chiamati loro a chiusura del locale (sì certo, quando alle 2 il bambino dorme…).

E forse adesso la tristezza l’ho messa un po’ anche a voi ma invece vi invito a mutarla in coraggio, a rinnovarla in forza e risolutezza.
Quando un bambino è solo e ha paura si interviene, sempre. Esattamente come se sentissimo che il vicino sta picchiano la moglie

Il sole è ormai sorto, è bellissimo e bellissimi sono i tetti che si illuminano e le cupole che svettano e gli uccelli che volano e mannaggia sta cavolo di ventola dei condizionatori che ho dietro la schiena, ma benedetta pure lei se fa star bene qualcuno.

Ora mi preparo e torno a messa, l’ostia non la mangio, non so se pregherò ma lì dentro voglio starci ancora e ancora e semmai lo farò in qualche modo sarà per i bambini e la fine dell’ottusità emotiva degli adulti, madre della guerra e della ferocia.

La vita è davvero un incanto e i bambini sono il nostro contatto con il divino, la nostra linea diretta con il sacro, la porta del paradiso e la gradinata verso la salvezza.

È faticoso difendere i loro diritti sempre e comunque ma nessuno di noi si può sottrarre.

Vi abbraccio, un po’ commossa, un po’ assonnata.

Siamo belli, e possiamo fare tutti grandi cose, non dimentichiamolo mai.

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