diario estemporaneo di un viaggio solitario. 4° e ultima parte.
28 Agosto, 2021
Devo dire che svegliarsi è diventato più difficile da quando non ho un telefono accanto al letto e la possibilità di chiamare il concierge, ormai diventato un personaggio non solo centrale ma assolutamente necessario di questo diario.
Sono le 6:30, sono ad Osimo, dopo un viaggio lento, lungo, ostacolato che definirei quasi mistico.
Iniziato con la concierge (questa volta una donna) che mi ha fatto perdere il treno per problemi tecnici dei loro metodi di pagamento.
Assolutamente all’avanguardia e assolutamente non funzionanti.
Ho mantenuto la calma perchè credo che quel biglietto che mi ha fatto sprecare sia un risarcimento per i suoi colleghi che sono stati vittime di richieste petulanti da parte mia.
Quindi universo vedi di fare il tuo corso, io li ho dati a trenitalia e tu trova il modo per vie di creative di farli avere a quei poveri uomini (questo è il punto in cui svelo che i concierge erano più di uno: Pierfrancesco, Frederico e Jacopo, anime innocenti che volevano solo lavorare in un albergo).
Poi ho scoperto che viaggiare e comprare 24 nuovi libri, ti fa rivedere le tue priorità e ricalibrare l’accettazione della morte, che vivrai come pericolo ogni volta che ti muoverai e proverai a spostare agilmente la valigia, ovviamente senza riuscirci.
Sono partita con 3 libri, sono tornata con 27.
Sono partita con un quaderno, sono tornata con 16.
Sono partita con una valigia e uno zaino e sono tornata con 2 zaini, una valigia e 3 buste.
Per ripartire le mutande me le sono messe in testa, le boccette del sapone e del bagnoschiuma prodigioso li ho infilati come proiettili in una cartucciera comprata per l’occasione, l’acqua me la sono legata alle caviglie che il peso tonifica le cosce, la merendina rubata alla colazione l’ho divorata prima di partire (così la valigia era più leggera).
Ma soprattutto, tutto questo, non mi ha fatta desistere dal partire comunque con il thermos pieno di un litro di thè bollente.
In pratica ero una sorta di installazione della sofferenza, una performance sull’inferno dantesco, io rappresentavo il novello (creato da Satana per questa occasione) girone dei clienti ammorbanti.
Però questa cosa adesso è molto seria e volevo dirvela, vi ricordate che raccontavo del sogno del volo last minute per San Francisco a 40 euro, bhè, il costo per i 2 treni a/r (escludendo la tassa cosmica ai concierge caduti in battaglia) è stato di 38 euro, con i 2 che non facevano portare pari ho comprato un gelato.
Questo per dire che era proprio così che doveva andare.
Ma noi abbiamo un argomento in sospeso che bisogna che affronto sennò poi dovrò scriverne un altro sulle aspettative non corrisposte.
Adesso tocca parlare del senso di colpa.
In queste giornate vi ho raccontato un po’ di me, di quel che ho vissuto e spesso lo facevo in maniera ironica e leggera però ovviamente rispondo anche io alla forza di gravità emotiva e mi porto dietro un po’ di pesi e pensieri, nonostante faccia di tutto per lavorarci costantemente e liberarmene.
Quando ho deciso di partire, la prima cosa che ho sentito appena prenotato l’albergo e comprato il biglietto è stato senso di colpa verso i miei figli.
Quando sono salita in treno, mi sono sentita in colpa.
Quando sono arrivata mi sono sentita in colpa e ho pensato che in fondo li avrei potuti far venire con me.
Quando vagavo mi sentivo in colpa e pensavo che li avrei dovuti riportare a vedere Firenze assieme.
Quando li chiamavo, mi sentivo in colpa, soprattutto i primi giorni.
E mi ci sentivo non solo perchè mi porto dietro secoli di donne oppresse e votate al pannolino e focolare, non solo perchè questo clima di servilità femminile verso la famiglia permane ancor oggi, ma perchè li amo infinitamente.
Per me fare la mamma è sempre stato chiaro essere un contratto a tempo determinato, e un atto di responsabilità verso il mondo e tutta l’umanità.
Sto crescendo degli uomini, non i MIEI uomini.
Devo loro infinita gratitudine per avere accettato l’invito che io e il loro padre gli abbiamo fatto per ballare questo pezzo insieme, gli devo amore e infinito rispetto, gli devo presenza, stabilità e solidità per crescere armonici e integrati.
Gli devo verità e lucida consapevolezza e tutto questo lo faccio per amore.
Per quel nido caldo che immediatamente ho sentito di dover proteggere quando sono rimasta incinta, per quel sentimento di connessione divina che loro sono e quando ne accarezzo uno dei miei figli sono certa che Dio esiste ed è davanti a me.
E quindi, l’idea di spostarmi mi mette nelle condizioni di domandarmi insistentemente se la mia assenza momentanea possa far sentir loro una menomazione in tutti quegli aspetti sopra citati che devono ricevere e fornire.
Mi chiedo se si sentiranno traditi, esclusi, abbandonati.
Ma nella vita ho capito che le paure sono anche bussole e che il troppo amore diventa prigionia e che i figli hanno al contrario bisogno di fiducia.
Nessuno può vivere per gli altri, semmai viviamo con gli altri.
E per questo “con”, io ho sistematicamente bisogno di una revisione per esser certa di essere centrata e in asse, di non portare in quell’amore romantico di cui sopra, rifiuti tossici che per inerzia non vedo più.
I figli vanno protetti anche e forse soprattutto da noi, che siamo gli adulti a loro più prossimi.
Io non ho smesso di fare la mamma in questi giorni, ma ho ricordato a me, e anche a loro (perchè un genitore insegna anche ad essere uomo e donna) che anche io ho bisogni e necessità e che devo ascoltarli.
Ad esempio in questi giorni non vi ho detto che ho iniziato a scrivere una lettera che sta diventando un libro, dove ripercorro passi ancora inesplorati della mia infanzia.
La scrittura mi ha restituito benefiche intuizioni e sciolto nodi importanti.
Ho letto e studiato molto perchè io ho ben chiaro cosa voglio fare nella vita e a favore della vita, e per farlo ho bisogno di tempo per studiare e ricercare.
Ho dormito quando volevo e mi sono svegliata ad ore che non affronterei mai nella vita quotidiana, ed è stato bellissimo.
Ho amato la solitudine, perchè io mi amo moltissimo e quando ho tempo per stare tra me e me, ritrovo unione, complicità, gioia, coraggio, fiducia, connessione, perdono e enorme fiducia verso tutti gli altri.
E poi io e Michele abbiamo costruito una genitorialità intercambiabile, siamo entrambi presenti, dividiamo ogni cosa e se c’è qualcuno che in questo momento storico sta facendo di più per la casa è senz’altro lui che cucina, pulisce, stende, lava, fa spesa, ecc…
Io con lui ho deciso di fare i nostri figli e non c’è persona di cui io mi fidi di più.
Se io non ci sono so che loro passeranno una vacanza con il papà, forse oltre al senso di colpa noi mamme a volte vedo il piacere della dipendenza affettiva.
Starà male quando me ne andrò=io sono importantissima per lui, guarda come mi ama!
E quando ci concediamo il lusso di andarcene e lasciarli con i papà potremmo anche scoprire con grande stupore che non gli siamo mancate, che stavano da Dio e che siamo sì importanti ma che amare è anche spostarsi un po’, amare è anche accettare che con i nostri figli ogni giorno perdiamo un cm nella misura che ci separa e che farlo fa parte del nostro compito genitoriale, non possiamo pretenderlo ad un certo punto da loro di diventare autonomi e indipendenti se non glielo abbiamo mai concesso.
E quindi invito tutti i genitori a prendersi del tempo per sè, a farlo per amore verso se stessi, per amore verso i figli che necessitano di adulti stabili e soddisfatti.
Anzi, invito tutti gli adulti a farlo, a staccarsi ogni tanto dalla propria zona di comfort e quando lo fate vi consiglio di ripetervi come mantra:
Non c’è nessuno al mondo che abbia più bisogno di me di quanto ne abbia io ora.
E qui mi fermo, perchè Amedeo si è svegliato, la macchinina telecomandata l’ho trovata, non c’è nessun concierge da chiamare per sentire se hanno delle pile e dovrò farlo io, presumibilmente togliendole a vari orologi domestici che tanto, adesso che sto qui del tempo non devo più tener controllo.
Vi ringrazio per la vicinanza in questi giorni attraverso questo diario, è stato davvero bello, imprevisto e divertente.
Dovete però ringraziare tutti Andrea, potete farlo con un qualsiasi Andrea a caso che conoscete. Non parlo di Don Andrea, ma di un ragazzo che mentre ero in viaggio in direzione Firenze mi ha detto che gli mancava svegliarsi con i miei articoli e di sicuro ha giocato un grande ruolo nella voglia di riprendere e continuare a regalar colazioni gioiose.
Quindi, non potrò garantire di riuscire a svegliarmi e di avere avventure esaltanti tutti i giorni, ma magari potrei impegnarmi a viaggiare un po’ di più e ripetere i diari.
Questa notte ad esempio ho sognato Lady D che mi ballava davanti ed era bravissima.
Come si dice concierge in inglese…?
ps: comunque i primi momenti di senso di colpa, dopo averla un po’ rielaborata ecco come stavo:
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