Se un adulto picchia o umilia un bambino?

03 Novembre, 2024

illustrazione: Isol

Sarà capitato a tutti di assistere attoniti almeno una volta ad un bambino che viene picchiato o umiliato pubblicamente.
Qualcuno avrà avuto moti di indignazione, nella migliore delle ipotesi qualcuno sarà intervenuto, nella peggiore qualcuno avrà pensato che ben gli stava.

Prima di procedere con un’arringa difensiva a favore dei bambini e consigli pratici, ci tengo a specificare cosa intendo per picchiare e spero di incedere verso una visione collettiva, già presente in chiunque si imbatterà in questo articolo.
Con picchiare si intende battere un bambino, mettergli le mani addosso, colpirlo, aggredirlo.
Nello specifico: schiaffi, sculacciate, botte sulle mani, “coppini”, colpi in testa, tirate di orecchie e capelli, pizzicotti, spintoni, calci, sono tutti esempi di cosa significa picchiare un bambino.
Lo sottolineo perché ahimè non sono rare le circostanze in cui mi sono trovata a dialogare con adulti che non considerano alcuni di questi gesti tali, come ad esempio le sculacciate date sul pannolino.
Si tratta di gesti di violenza che definisco anagrafica, qui trovate un approfondimento se ve lo foste perso.
Questi gesti danneggiano il bambino psicologicamente oltre che fisicamente e sono alla stessa stregua delle minacce e delle umiliazioni.
Un esempio di umiliazione: un bambino fatica ad entrare a scuola i primi giorni, piange.
La madre fuori dalla scuola gli dice davanti a tanti altri genitori che se continua il giorno dopo lo farà entra come Peter Pan, “un calcio nel culo e ti faccio volare”.

Tutto più chiaro ora?
Nella speranza che ora i nostri punti di riferimento siano allineati, con questo articolo ci tengo a condividere con voi cosa bisognerebbe fare in queste circostanze.

Le indicazioni sono da intendersi sia che la situazione stia avvenendo tra le mura domestiche, mura familiari (pranzi di famiglia), mura amicali (incontri con amici), scuole o spazi pubblici.
Di fronte alla violenza non ci sono scuse, non servono titoli per intervenire, non è che se non siete pedagogisti o educatori non potete dire nulla, non contano le parentele o amicizie decennali.
Se c’è un bambino maltrattato si interviene sempre.

Perchè bisogna intervenire?
1. come è ovvio che sia per proteggere il bambino nell’immediato;
2. per mostrare a quel bambino che il gesto è universalmente bandito. Per non lasciarlo nella spiacevole situazione in cui, guardandosi intorno e vedendo tutti impietriti, potrebbe finire col pensare che va bene quel che stia accadendo e che anzi, forse se lo merita;
3. per lucidare la nostra etica interiore, agire per il bene non perché qualcuno ce lo impone, ma perché è giusto così ed è un atto d’amore verso la vita, la dignità del bambino coinvolto e la nostra sensibilità;
4. perché se ci sono altri bambini presenti devono avere la certezza che gli adulti sono in grado di proteggerli dalla fragilità di altri adulti se un giorno saranno loro vittime;
5. perché la violenza va sempre fermata e condannata.

Come intervenire?
Un messaggio va sempre inviato all’adulto e uno al bambino;
1. All’adulto va detto che è in difficoltà e se ha bisogno possiamo aiutarlo, che capiamo la sua fragilità ma non si possono picchiare né umiliare i bambini. Con empatia ma fermezza, siamo chiamati all’azione.
Importante: è centrale farlo di fronte al bambino e non attendere di prendere l’adulto da parte successivamente. Se vi venisse il dubbio che l’adulto in questione potrebbe sentirsi in difficoltà vedendosi ripreso, prendete tutto la vostra sensibilità e impiegatela a servizio del bambino.
Se un adulto potrebbe sentirsi ripreso, giudicato o sbagliato, come potrebbe sentirsi il bambino?

2. Al bambino va detto che nessuno può fargli del male e che siamo molto dispiaciuti per quello che ha appena vissuto. Questo è un passaggio centrale. Perchè in quel momento noi ricopriamo il ruolo di testimoni consapevoli. Possiamo fare la differenza per la sua vita. Farlo sentire compreso, intimamente riconosciuto può segnare per lui uno spartiacque per la sua vita.
Ovvio che non potremo mai avere la certezza che quel genitore cesserà di abusare del suo potere una volta che la porta di casa sarà chiusa, ma potremo piantare nel bambino la certezza che il suo sentire (di ingiustizia e dolore) è reale. Sembra poco, ma nel funzionamento della psiche, è qualcosa di immenso l’avere la possibilità di non negare a se stessi quel che si sta vivendo;

Cosa potrebbe accadere successivamente?
Sarò sincera con voi.
Raramente vi potrà capitare di incappare in qualcuno che vi dirà: “Grazie per il sostegno emotivo, ero davvero in difficoltà. Mi si stava risvegliando un nodo della mia infanzia, mi sono sentito impotente e il tuo intervento mi ha ridestato. Ora rivedo il bambino che ero, ora vedo il bambino che ho di fronte. La vita è guarigione!”
Più facilmente vi verranno rivolti epiteti e insulti, finora ho collezionato dei bei vaffanculo, fatti i cazzi tuoi, con mio figlio faccio quello che mi pare, mi vuoi insegnare tu a fare la madre?
Perché l’inconsapevole tende all’aggressività quando qualcuno sottolinea la sbavatura del gesto.
Se questo accadesse, dovrete gestire la situazione con la consapevolezza di chi non è stato preso in contropiede, ma sapendo benissimo che sarebbe potuto accadere, permane in una situazione interiore di quiete. Zen, mi raccomando.
Talvolta l’adulto che non si aspetta il vostro intervento semplicemente abortirà la sua azione, facendola cadere nel silenzio. Quantomeno il bambino in quel momento sarà salvo.

E se aveste paura di rovinare una relazione?
Alcuni di questi episodi possono accadere tra persone con le quali abbiamo una stretta relazione, come parenti o amici.
Qui a maggior ragione occorre intervenire, perché se come bambino non posso contare sull’aiuto di chi è più vicino alla mia famiglia, su chi dovrei contare?
Le amicizie non si rompono perché intervenite a proteggere un bambino e se questo accadesse, credo che sia superfluo che io vi dica che forse non era un’amicizia molto profonda.
Le famiglie non si sfasciano perché proteggete un nipote o un cugino e se questo accadesse, significa che nella vostra famiglia di omertà, di mancata difesa, di silenzi, ce ne sono montagne da generazioni e forse quel vostro intervento può segnare l’inizio di una nuova era.
Io comunque sarei molto più spaventata a dar forza alla paura di espormi che a lungo andare logora, spezza l’autostima e edifica in me l’idea di essere inadatta alla difesa (se vale per gli altri vale anche per me stessa).

Chiosa finale giuridica.
Non tutti sanno che in Italia è reato picchiare e maltrattare i bambini.
Questo è stabilito dall’articolo 571 del codice penale:
“Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.”
Da questo articolo si evince che ovviamente va dimostrato che il maltrattamento produce un danno alla mente o al corpo e qui molti risponderanno che due schiaffi non hanno mai fatto male a nessuno.
Questo è vero fino a prova contraria e mi verrebbe da chiedere chi davvero può affermare con certezza che le botte prese, le umiliazioni ricevute da bambino non hanno compromesso se non danneggiato qualche intima funzione della psiche, la percezione della propria identità e i confini con il mondo esterno?
Se in molti sono in grado di negare il dolore vissuto, quanti si farebbero sponsor di pratiche violente mettendosi in prima linea come testimonial portando la propria storia di felicità e realizzazione (personale e intima, non professionale) che ne è conseguita?
La mia ipotesi è che ne rimarrebbero davvero pochi, se non nessuno.

La violenza logora, incide come una lama in profondità e trasforma per sempre.
Per questo occorre agire, con coraggio e fiducia verso la vita.

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